- Questo evento è passato.
La rupe di Pentedattilo, dal greco cinque dita, cattura l’attenzione su tutto. Persino Escher, l’artista
olandese dalle prospettive impossibili, realizzò numerosi disegni, nei quali la durezza delle linee, mostra fulgidi i riflessi
di una vita che non c’è più. Gran parte delle case sono oggi adibite ad albergo diffuso e nei mesi estivi, molte di esse
diventano salette cinematografiche per il Pentedattilo Film Festival, una rassegna internazionale di cortometraggio.
Come indica la “Vita” di Sant’Elia di Enna, il centro esisteva già nel IX secolo, fungendo probabilmente da torre
di guardia dell’asse di collegamento tra Reggio e Bova. Alla fine dell’era bizantina, il castellion venne inglobato tra i
beni fondiari monastici di Santa Maria di Terreti e San Nicola di Calamizzi, per passare nel 1144 all’archimandrita
del Santisimo Salvatore di Messina, tra i beni fondiari di Valle Tuccio. Con gli Angiò la fortezza acquisì notevole
importanza nella guerra contro gli Aragona. Nel 1274 vi risiedevano un castellano e quattro “servientes” mentre nel
1282, durante la guerra del Vespro, è menzionata tra i castelli da rifornire di orzo e frumento in vista di rappresaglie.
L’anno dopo, Pentedattilo, veniva però presa dagli Almogaveri, i mercenari al servizio degli aragonesi nella
guerra contro i provenzali. Potrebbero risalire a questi anni, le grandi cisterne su cui un tempo si innalzavano i piani
alti della fortezza, murature identiche per colore e forme alle architetture rocciose della rupe che domina le valle. A
partire dal Trecento, il borgo passò ai Letizia e nel 1476 ai Francoperta che lo detennero fino al 1589, quando per
problemi fiscali, fu venduto all’asta e aggiudicato a Simonello degli Alberti di Messi.
Originario di Pentedattilo era Pietro Vitale, l’abate di Grottaferrata che perorò la causa dell’unione delle chiese
d’Oriente e d’Occidente nel Concilio di Firenze del 1439.
Ad accogliere i visitatori è la chiesa dei Santi Corifei Pietro e Paolo, che associa al campanile cuspidato della facciata
di gusto barocco, una cupola in tardo stile neo bizantino all’estremità opposta della navata.
All’interno, sull’altare, una copia della tela di Antonio Alberti detto il Barbalonga, Marchese di Pentedattilo, formatosi
a Roma al seguito di Domenichino. Interessante documento storico è la lapide affissa sul fianco destro, che
ricorda il prete Domenico Toscano di Bova, fiero di essere stato il primo arciprete latino di Pentedattilo. Il marmo,
recante la data 1655, è frutto della latinizzazione sostenuta, alla fine del Cinquecento, dall’arcivescovo Annibale
D’Afflitto, il quale durante le visite pastorali, annotava infastidito che il clero di queste periferie sapeva scrivere solo
in greco. Sostenitori della Chiesa di Roma erano a quel tempo i Domenicani, chiamati nel borgo nel 1554 dal barone
Demetrio Francoperta. Ai frati il barone cedette le rendite dell’antica chiesa bizantina della Candelora, ai piedi
del paese, arricchendola nel 1564 con la statua della Madonna con Bambino, attribuita oggi ad una personalità
vicina tanto ai modi dello scultore Giovan Angelo Montorsoli che a quelli di Martino Montanini. Ma il convento ebbe vita breve. La sua soppressione nel 1651, mise fine alla vicenda dell’insediamento Domenicano più a Sud della
Calabria, dal momento che l’Ordine non riuscì mai a penetrare nella diocesi greca di Bova.
Circa trent’anni dopo, un altro evento, ben più drammatico sconvolse il borgo: la Strage degli Alberti. La storia
trae origine dall’amore di Bernardino Abenavoli, barone di Montebello, per donna Antonia Alberti di Pentedattilo,
amore contrastato dal fratello di lei, don Lorenzo. La notte di Pasqua del 1686, il barone, nell’intento di rapire
l’amata, trucidò tutti i familiari della ragazza. Perirono il marchese, la marchesa implorante sul cadavere del figlio
Lorenzo, una sorellina e un fratello. Si dice che a salvarsi fu solo un giovane nipote, nascosto da una balia in un
crepaccio nella roccia. Nonostante fosse accusato di omicidio, Bernardino Abenavoli riuscì a prendere tempo, sposare
Antonia e riparare a Malta, non prima di aver sistemato la moglie in un convento di Reggio. Arruolatosi sotto
falso nome nell’esercito dei Cavalieri di Malta, divenne capitano dell’esercito asburgico ma fu riconosciuto da un
suo concittadino, mentre con l’esercito di Carlo V di Lorena, sbaragliava i turchi a Buda. Condotto a Vienna al
cospetto di Leopoldo I, fu reintegrato nell’esercito per il coraggio dimostrato tra le file dei militari imperiali. Morì
il 21 Agosto 1687, combattendo i turchi su una nave austriaca.
Fino a pochi decenni fa, la gente del posto indicava in una parete della sala del palazzo in rovina, l’impronta delle cinque
dita insanguinate del marchese Lorenzo, la cui forma stranamente coincide con quella della rocca di Pentedattilo.
A quei tragici anni, o forse alla vigilia del secolo successivo, potrebbe risalire il San Cristoforo, affrescato su una roccia
che guarda la valle percorsa dalla fiumara di Pentedattilo, un tempo risorsa idrica per una statio romana: Decastadium.
Domenica 27 settembre 2020 – Ore 10.30
Incontro con la Guida all’Ingresso del Borgo (Area Parcheggio).
Numero Massimo Partecipanti: 40
Al termine della visita guidata sarà possibile degustare i prodotti enogastronomici della Calabria Greca nei ristoranti/locande/agriturismi presenti nel Borgo ad un prezzo fisso di € 15,0 a/persona
Iscriviti al seguente link:
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